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La
Sila è una delle zone più ridenti e pittoresche
dell'estremo sud d'Italia, è il cuore della Calabria: un altopiano
granitico, reso compatto dall'assenza di cime elevate e dolcemente ondulato
in un alternarsi di monti, colline, boschi, laghi, torrenti, ariose
valli fluviali tappezzate da estese praterie lussureggianti e color
smeraldo, sotto il cielo ora grigio cupo ora di un azzurro tersissimo.
Scenari da Far West, dove la natura è allo stato vergine, con
i suoi colori e profumi, i suoi incantesimi. Cervi, caprioli, daini,
volpi, martore, cinghiali e l'ormai raro lupo,
si rifugiano in questa foresta. Pini, querce, abeti, ontani, pioppi,
faggi, felci, sono i protagonisti dell'altopiano, ma il vero signore
di questi boschi è il pino, una varietà del famoso pino
nero d'Austria, o "pinus laricio", dal tronco
dritto ed alto fino a raggiungere i cinquanta metri, una
specie così tipica da queste parti da essersi meritata il nome
di Pino Silano.
Geograficamente, la Sila fa parte dell'Appennino
calabro e si estende per quasi 150.000 ettari, ovvero 1500
kmq, in
larga parte protetti dal Parco, al
centro dell'area più continentale della Calabria con un'altitudine
media di 1200 metri.
E' una vera foresta,
atavica e solenne, tanto da essere denominata "Silva" da Greci
e Romani, da cui deriva il nome "Sila" che perciò è
vecchio di oltre due millenni e mezzo, risalendo al periodo della colonizzazione
ellenica delle coste joniche.
Soltanto dopo la costituzione del regno d'Italia venne distinta in tre
bastioni:
Sila Grande, Sila Piccola e Sila Greca.
Fino agli ultimi decenni del secolo scorso, la Sila era, praticamente,
l'ignoto,
sebbene ricca di storia. Venivano dalla Sila la resina, la "pece
brutia" e i tronchi del pino laricio, contesi dai cantieri navali
greci e romani per l'altissima qualità del legname, indispensabile
per potenziare la flotta ed avviare fiorenti attività
con i mercati dell'Oriente.
Tra i monti della Sila, per dispensa dello stesso pontefice Clemente
III, si era fatto eremita Gioacchino da Fiore,
il predicatore cistercense nato a Celico (Cs), che Dante
definì "di spirito profetico dotato".
Quando iniziò a parlarsi della Sila, questa venne conosciuta
come un regno di lupi e di briganti dove i soldati piemontesi vennero
mandati a combattere il brigantaggio che qui si annidava.
A partire dal 1947 l'Opera di Valorizzazione della Sila e la
successiva riforma agraria del 1950, con la trasformazione del
latifondo, contribuirono a rendere questa zona una realtà attiva
nella vita della Calabria.
I laghi Cecita,
Arvo e
Ampollino,
costituiscono una ricchezza d'acqua inattesa e provvidenziale per l'antica
sete del Mezzogiorno e sono così perfettamente inseriti nel contesto
ambientale che si stenta a crederli artificiali.
Lo sviluppo dell'industria alberghiera e turistica non hanno intaccato
il perno dell'economia silana che è prevalentemente agricola-pastorale
le cui tradizioni sono testimoniate da Virgilio che scrisse "pascitur
in Magna Sila formosa iuvenca".
La
Sila, maestosa e piena di misteri, dolcissima e selvaggia, conserva
sempre il suo fascino e
nonostante
la fitta rete viaria, può essere anche ammirata attraverso suggestivi
itinerari da percorrere con lo storico
trenino a carbone, a piedi, a cavallo, in bicicletta o,
in inverno, praticando lo sci
di fondo o alpino.
Oggi la Sila può essere raggiunta da più parti: da nord
per mezzo della Statale 109, oppure da sud, servendosi della Statale
179. La via da preferire è senz'altro quella di Cosenza, con
la Statale 107, che percorre l'altopiano in tutta la sua larghezza giungendo
nel fulcro della Sila Grande alla località turistica più
conosciuta che è Camigliatello Silano.
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